Maddalena Premuti Bonetta

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L’Empatia: un sentiero per la Pace interiore

Empatia: dal greco antico “en-pathos”, dentro il sentire, è quella facoltà che ci permette di sentire ciò che l’altro, umano, animale o pianta che ci sta di fronte sta sentendo. L’empatia non ha niente a che vedere con la simpatia o l’antipatia. La prima, letteralmente “sentire insieme” accade quando risuoniamo positivamente con ciò che l’altro sta sentendo poiché lo condividiamo e lo sentiamo anche noi: come un’emozione, un pensiero, una riflessione, una visione, una prospettiva etc. 

L’antipatia invece, (dal greco: “sentire contro”) accade quando risuoniamo negativamente con qualcuno sentendo repulsione e distanza verso ciò che l’altro sta provando, pensando e ci sta comunicando, poiché ci risulta fastidioso e quindi non ci piace.

Simpatia ed antipatia sono istintive ed immediate. Non decidiamo coscientemente se qualcosa ci piacerà o no. Qualcosa ci piace o non ci piace in base a ciò che siamo, al nostro vissuto e alle nostre esperienze e credenze.

 L’empatia invece, è uno strumento che ci permette di sondare, percepire, sentire ciò che l’altro sta sentendo al di là delle nostre preferenze personali. Questo ci consente di stabilire una relazione, uno scambio più consapevole e cosciente nonché più funzionale perché lo stato altrui viene pragmaticamente e concretamente preso in considerazione calibrando il nostro comportamento e le nostre azioni verso di esso. 

Per non essere travolti da ciò che l’altro sente, è necessario centrarsi nel cuore, centro energetico che tutto include, nulla divide, ma tutto discerne. Cosa vuol dire questo? Significa riconoscere che ogni percorso umano è sacro, non perché sia giusto o sbagliato, ma perché sacra è l’esperienza che quell’anima sta facendo. Non importa quanto consapevole essa sia, questo non è affar nostro. Noi possiamo solo accogliere e accettare ciò che sta vivendo, vedendola anche come un riflesso di nostre dinamiche psichiche. Chi non è passato attraverso il giudizio e la separazione condannativa?

Concepire il mondo come un grande sogno popolato da spiriti, demoni, angeli, dei che si fanno portavoce della chiamate provenienti dalla nostra anima, svincola la realtà da una gabbia oggettivistica, moralistica, e materialistica, per riportarla ad una valle dell’anima, dove ciò che conta è l’esperienza che viene fatta per comprendere e sciogliere ciò che (apparentemente) ci separa dalla fonte divina di tutta l’esistenza, il cui portale personale si trova proprio nel nostro cuore, sede dell’anima.

Se riusciamo a ricordarci della nostra profonda essenza, non possiamo che avere infinita fede e non ci sentiremo più veramente rifiutati, attaccati, presi di mira e colpiti nel nostro nucleo più profondo; e anche quando situazioni del genere dovessero venire ad incontrarci sulla soglia di casa, li tratteremo come spiriti con i quali instaurare un dialogo dicendo loro “dai su, cos’hai da dirmi quest’oggi? raccontami per bene che ti ascolto”.
Ciò che non si conosce si teme, ma la vera conoscenza è una conoscenza del cuore non una mera speculazione materialistica e cervellotica, e quando si conosce non si teme più; si comprende, si discerne, si sente, ma non si teme.

Facciamo un esempio pratico di cosa può succedere quando questa centratura non è presente, quando non si ha fede nella vita, e in fondo in fondo si conserva nascosta la credenza di non essere degni di poter vivere
Nella sfera privata, lavorativa o in situazioni comuni della nostra quotidianità possiamo trovarci di fronte qualcuno che ci attacchi. 

Le reazioni impulsive di risposta possono essere:una chiusura, un attacco di risposta o il rimanere bloccati passivamente beccandosi tutto quello che l’altro ci sta mandando addosso. In tutte e tre le situazioni la nostra la fede del cuore viene dimenticata e si soccombe di fronte alla presa di potere delle nostre ferite, le nostre parti dolenti, che se toccate, o se la giornata non è buona, anche solo sfiorate, ci fanno saltare i nervi e ci fanno reagire impulsivamente.
Tutte le nostre parti ferite vanno prese per mano e guidate dall’adulto amorevole e savio che possiamo essere per loro oggi. 

Nel primo caso, quello della chiusura, la parte attaccata si ritrae nel proprio guscio per proteggersi, ma rimane nel dolore, accrescendolo e confermandolo, del ruolo della vittima attaccata. 

Nel terzo caso, ci si espone inermi e aperti accogliendo a braccia aperte tutte le frecce che ci arrivano dall’altra parte ferendoci. 

Nel secondo caso invece, l’attacco di risposta dà inizio ad una partita a ping-pong dove di lancio in lancio la pallina diventa sempre più pesante e più carica di quelle coloriture proprie della dinamica in corso. 

Attraverso la percezione, veniamo a contatto con un sentimento, che suscita delle e-mozioni le quali a loro volta portano ad un’azione o ad una reazione

La chiave è essere presenti a se stessi, non bloccare ignorare nulla, ma essere profondamente presenti a se stessi osservando ogni movimento che si genera in noi. Più ci si allena ad essere presenti più sono le possibilità di tirarsi fuori dai giochi di un piano emozionale perturbato.

Così facendo riusciamo ad usare uno sguardo più chiaro, senza lasciare che le nostre parti ferite prendano il sopravvento spingendoci a reagire automaticamente invece di agire consapevolmente. Non si tratta di negarle, ma solo di abbassare il loro volume in modo da poter sentire la voce che giace dietro all’attacco dell’altro, così che possa esserci una comprensione e non un crescendo esasperato e confusionario di tensione, rabbia, o dispiacere doloroso che non porterebbe da nessuna parte ma solo a sentirsi svuotati e depauperati e ulteriormente feriti.

Magari non sempre il dialogo sarà possibile immediatamente, poiché ognuno ha i propri tempi, le proprie capacità e il proprio percorso, questo vale sia per noi che per l’altro. È importante riconoscere i propri limiti e riconoscere se si ha bisogno di tempo per l’auto-ascolto senza spingersi a voler cercare di fare qualcosa per la quale non si è pronti, le possibilità di una frattura dolorosa e sofferente verrano ridotte, lasciando spazio ad un sentire più vasto e a un terreno di comunicazione sostanzialmente differente, dove la curiosità e il senso di scoperta sostituiscono difesa e attacco, sentendosi così più in pace e contribuendo quindi a diffondere la pace intorno a noi.

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